Angela Bulloch

Schipper & Krome, Berlino
Fino al 18 Novembre

BLOW_UP T.V. è l’ultimo lavoro della serie “Prototypes”(2000) dell’artista Angela Bulloch, canadese di origine e attualmente residente a Berlino. La postazione migliore per osservare le cinque colonne “pixel box” che compongono l’opera è il cortile della galleria, di sera. A intervalli di un secondo, i colori emanati dai moduli luminosi cambiano e virano nelle tonalità del verde chiaro, giallo, rosa, violetto. La successione dei colori è controllata da computer posti alla base di ciascuna delle cinque torri modulari, e i “pixel-box” funzionano secondo il sistema RGB (redgreenblue).

Con questo lavoro, Bulloch rinuncia al rapporto interattivo con il pubblico ed elabora un sistema il cui funzionamento si basa sul citazionismo digitale. L’osservatore, infatti, potrebbe credere che i “pixel box” siano solo oggetti belli ed eleganti, sistemi di illuminazione hypercool, ma in realtà si tratta di una citazione dal film culto di Michelangelo Antonioni: Blow Up (1966).

I cambiamenti di luce dei moduli seguono infatti un ordine ben definito, desunto dalla sequenza di Blow Up in cui il protagonista, seminascosto dietro un albero, fotografa una coppietta in un parco. Più tardi, sviluppando le foto, egli noterà qualcosa di strano dietro alla coppia e, ingrandendo progressivamente le stampe, scoprirà un delitto avvenuto a qualche centinaio di metri di distanza. Tuttavia, lungi dal dimostrare l’evidenza del delitto, gli ingrandimenti fotografici progressivi renderanno la scena sullo sfondo sempre più indistinguibile e di dubbia interpretazione.

Bulloch, rifacendosi concettualmente al procedimento utilizzato nel film e alla problematica della resa della realtà nell’era tecnologica, elabora digitalmente una decina di fotogrammi isolati dalla sequenza del protagonista appostato dietro l’albero, e ne riduce la risoluzione ? il numero di pixel per unità di misura al quadrato ? fino a rendere le immagini irriconoscibili, trasformando i film still in puzzle composti da grandi quadrati colorati.

Ciascuno dei “pixel box” modulari riproduce a intervalli di un secondo i pixel dei fotogrammi elaborati digitalmente e i titoli dei prototipi sono a loro volta citazioni dal film: There was; a beautiful; light; in the park; today. Il procedimento deduttivo di Bulloch tematizza i limiti della tecnologia come strumento di resa della realtà, ma finisce per risultare intellettualistico e affetto da eccessivo citazionismo.



Marina Sorbello